Biglietto fatto in treno dal soldato carabiniere
Cicchino Alfonso, di ritorno dalla Russia. Si reca a Chieti presso il proprio
comando di Legione per congedarsi.
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biglietto Pesche Campobasso dell'8 febbraio 1969,
probabilmenente quel giorno era un sabato, essendosi avvalso, il viaggiatore,
dello sconto andata e ritorno per fiere e mercati. L'importo della corsa
è ritoccato da lire 580 ad 800, evidentemente il prezzo, dal 1957,
quando è stato stampato il biglietto al 1969, quando viene adoprato,
non è più lo stesso.
Il documento è firmato dalla tipografia Officine Grafiche
di Firenze. Osservare come curiosamente le FS utilizzassero per la stampa
dei loro biglietti addirittura il famoso Editore Vallecchi, quasi che a quel
tempo un blocchetto di biglietti ferroviari avesse lo stesso prestigio d'un
libro!
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24 febbraio 1971, biglietto Pesche Isernia, stampato
nel settembre del 1970 sempre dalle Officine Grafiche di Firenze e forse
sempre dall'editore Vallecchi, che però stavolta 13 anni dopo omette
il nome in calce.
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biglietto per il tratto di ritorno Isernia Pesche, era un robusto
cartoncino di qualche centimetro che veniva estratto da una foltissima rastrelliera
ad armadietto. Chi fosse il tipografo, non si sa. Si osservi la simbologia quasi
massonica in cima.
retro del biglietto, timbrato il 24 febbraio 1971, lo stesso
giorno in cui fu utilizzato.
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14 ottobre 1975. Tragitto Pesche Isernia. Il documento
è stampato nel giugno del 1975 dalla tipografia Ugo Quintili di
Roma. E' cambiata anche la forma, sono più lunghi ed incomprensibilmente
spaziosi.
Come è evidente il costo della corsa è
raddoppiato, da lire 50 a lire 100.
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10 ottobre 1975. Tragitto Carpinone Pesche, 7 chilometri. Biglietto di andata
e ritorno con allegato tagliando non ritirato dal personale del treno. costo
della corsa lire 200.
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12 aprile 1977. Tragitto Pesche Isernia. Biglietto stampato
sempre dalle officine grafiche Quintili di Roma, nell'ottobre del 1976.
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17 novembre 1979. Km. 216. Tragitto Roma Isernia, via Cassino.
Tariffa 1.
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Retro biglietto precedente, stampato dalla tipografia
Panetto & Petrelli di Spoleto
Nell'agosto 1861 il neo proclamato Regno d'Italia invia a Napoli
il generale Enrico Cialdini (1811-1892), con poteri eccezionali, arruolando
i militi del disciolto esercito garibaldino e perseguitando il clero e i nobili
meridionali ancora fedeli al re borbonico. Il governo adotta la linea repressiva
e Cialdini ordina tranquillamente eccidi e rappresaglie contro la popolazione
insorta, decretando il saccheggio e la distruzione dei centri ribelli. In
questo modo viene impedita l'insurrezione generale, e viene scritta una pagina
tragica e fosca nella storia dello Stato unitario.
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Si generalizzano arresti in massa ed esecuzioni sommarie,
la distruzione di casolari e masserie, con il divieto di portare viveri
e bestiame fuori dai paesi, nel timore che questi beni servissero per approvigionare
i ribelli. Vengono dati premi e vengono messe taglie sui 'briganti' piu'
pericolosi.
Il Brigantaggio, fu l'opposizione armata al nuovo
corso piemontese nei confronti della penisola, ma contemporaneamente negli
anni successivi al 1860, la resistenza viene condotta anche a livello parlamentare,
nonche' dalla ex magistratura meridionale che vede cancellate le secolari
tradizioni. Eppoi si aggiunga la resistenza passiva dei dipendenti
pubblici, il rifiuto di ricoprire cariche amministrative, l'astensione
dai suffragi elettorali, la renitenza alla coscrizione obbligatoria. Nacquero
anche forme di stampa clandestina e polemiche condotte dai migliori pubblicisti
del regno, fra cui Giacinto de' Sivo (1814-1867), che difendono con gli
scritti i calpestati diritti della sconfitta monarchia Borbonica.
Tra i famosi organizzatori del Brigantaggio lealista si ricordano
vi erano molti ufficiali di origine germanica scesi a Napoli come scorta della
moglie di Re Francesco II: il conte Henri de Cathelineau (1813-1891), il barone
prussiano Teodoro Klitsche de La Grange (1799-1868), il conte sassone Edwin
di Kalckreuth, fucilato nel 1862, il marchese belga Alfred Trazégnies
de Namour, fucilato nel 1861 all'età di trent'anni, il conte Émile-Théodule
de Christen (1835-1870), i catalani José Borges (1813-1861), definito
"l'anti-Garibaldi", e Rafael Tristany (1814-1899), furono gli strateghi piu'
incisivi nell'organizzare la guerriglia.
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Rapporto sull'economia italiana del regno borbonico
redatto per il Foreign Office inglese:
"Al momento dell'unificazione, le industrie manifatturiere
erano piccine e di importanza locale. Gli stabilimenti industriali si annidavano
nelle vallate, dove si trovavano la forza motrice pronta e non costosa nei
torrenti e nei fiumi che la traversavano. La manodopera era composta principalmente
da contadini che spesso possedevano qualcosa di loro, i salari troppo bassi,
gli scioperi sconosciuti".
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Gobetti giudico' il Risorgimento "una Rivoluzione
fallita" e Gramsci scrive "lo Stato italiano è stato una dittatura
feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, crocifiggendo,
squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati
tentarono di infamare con il marchio di briganti."
Il Brigantaggio, pur non mancando di una componente criminale,
esprimeva la cocente delusione, la sfiducia e la rabbia della gente del Sud
per essere stata investita dall'Italia unita, da balzelli che, in un sol colpo,
aumentarono del 40% quelli pagati sotto il Borbone. E questo dopo aver ricevuto
l'umiliazione del divieto, per i meridionali al seguito di Garibaldi nell'impresa
dei Mille, ad essere incorporati nell'esercito regolare, facoltà riservata
solo a quelli del Nord.
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Lo stato Unitario prelevo' dalle casse del Regno
di Napoli 443 milioni di lire, quasi 18 volte i 27 milioni contenuti nelle
casse del Regno piemontese.