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Umani volti del Molise
 
 
Anni '20. Non ne conosco il nome, eppure questa giovane forse ricca contadina dovette essere molto amata dal fotografo, che ne curò tutti i dettagli, borsetta, pelliccia, guanti, facendone quasi una aristocratica borghese. E lei ne fu così orgogliosa da scrivere nel retro...



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Ri magliuoli: germogli teneri della vite
Z’addecria: si ricrea, ne ha piacere
na gnuglia: una budella
magliuoli: gli occhi delle viti
imbaccia: di fronte
Addivintà: diventare
Addivinà: indovinare
‘mbisi: impiccato
Incoppa agl: sopra a
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primi anni 30, (da destra) zì Menga, zì 'Ddulirata, zì Ituccia di Vallesoda
i vestiti e le collane sono quelli della domenica ma le mani gonfie e gli sguardi fermi sono quelli di chi conosce bene la fatica dei campi. La foto sembra un omaggio a qualcuno che forse vive e lavora lontano. Il portamento estremamente dignitoso ma rigido, il sottofondo celeste con un ramo di albero che si affaccia timidamente, rimanda a un mondo relativamente vicino ma così lontano (Fabio Antonini).

Zì Libera, nata nel 1900

1934, la piccola Teresa con la mamma, a 14 mesi

Forse questa quercia è sorta su un vetusto rampollo. Ma nel Molise antichissima era la coltivazione dell'ulivo, le olive ancora rinomate la 'Coratina' e la "Gentile di Larino" provenivano da ceppi che risalgono a due millenni fa. Ed i vitigni: la 'Falanghina', sarebbe uno dei migliori di origine sannitica, molto apprezzato dagli stessi Sanniti e dai Romani.

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Tè l’ pep’ dent’a r’ rin’: tine il pepe nella vita
Suppuort: il portico
Le scenne: le ali
La lustrera: l’oblò sul portone che dà su un andito che resterebbe buio
M’appapagno: m’addormento
Vriccia: sassolino, pietruzza
Quatrara: ragazza
Bardascia: ragazza
Voira: bora
‘Mpizza: in cima
‘mpizzato: infilato, punto
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Stazione di Isernia, anni '30. Dove andrà Angelo, questo ragazzino senza scarpe, d'inverno? Infatti il parente più ricco indossa il cappotto.



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Zia Letizia a 18 anni, Zia Carmela la moglie di zio Vincenzo
la piccola Gina, di sei mesi morì stritolata sotto un autotreno all'età di cinque anni

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1937 padre e figlio
il papà con una cravatta impeccabile e una camicia comprata per l'occasione, perfetta, bianca, senza una piega,  non riesce a nascondere l'emozione per il figlio nel giorno della prima comunione. le scarpe hanno però la punta rialzata, sono state troppo ferme. Sono le scarpe buone, non quelle che si sporcano lavorando (Fabio Antonini).

 
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LA FEMM'NA FUJJUTA

Quand' sì bella, quant' sì chiù bell'e bbona
femmena mea ch t' n' si fujjuta stammatina
priest! c'pur' ru st'llon' nciel' s'ar'ntrona
e appiccia na lanterna ch' tutta t'arr'ndrina.

Nimm'arracapezzi chiù da quiri iuorne
quanni ti virievi alla funtana vecchia
ch chiri sciuri tutt'alla vocca attuorne
mentr ru ciucci biveva int'a la secchia.

Mo m'arivote sule dint' a quistu lietti
ch st l'nzola call ch par'n na furnace
e coce coce stu core ca tenghi 'mpietti
ch' m' cunzol' sul' quann'ì te vasce.

T'n si iute propria dalla massaria a inott'
accusci sott'a la luna p' v're' l' stell!
L' sacci ch n'at'om' circ e vuo' l' bott
ch t'addicrian' n'ata vota tutta la pell?

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e questo fascistello in fez chi sarà? Taviuccio?
...dal fotografo Di Meo
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Ituccia Mircione, zì Maria di ri Bazzoffi loro madre, e Mariannina dill'Acquazolfa.
Ituccia e Mariannina sono sorelle.

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Secondo Salmon, il termine Pentri contiene la stessa radice del celtico Pen = sommità, radice a sua volta di Pennini e Appennino; il nome Pentri potrebbe quindi identificarli come il "popolo delle montagne". Sulle alture, infatti, sorgevano i centri fortificati che avevano una specifica funzione difensiva soprattutto nei momenti di maggior pericolo.

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1938, bello il pavimento ottagono del fotografo


Zia Giovannina, la moglie di Mario Baialardo, madre di Nicola e Agostino

1941 (da destra) Minguccia e Carmela Ferritti. Chissà se la porta di numeri e parole alle loro spalle era quella della loro casa!

anni 40 gente di Vallesoda, la donna a sinistra si chiama Carmela, l'uomo a destra Antonio

1941 Carmela Zullo si è fatta prestare gli abiti dalla cugina per poter mandare una bella foto al lontano fidanzato, militare in aviazione

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Quanti si bella
e quanti sì chiù bella e bona
quanni ti vasce la vucchella
cerasella da riggina
ch'ardi stu core e sona e 'ntona
...m'addicria ru juorne
ma è la notte che mi ruvina!
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Questa foto ...di due sorelle, fu inviata... al loro fratello in Australia
Segue il retro...

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Tè l’ pep’ dent’a r’ rin’: tine il pepe nella vita
Suppuort: il portico
‘mpizzato: infilato, punto
zizileano: se ne stanno zitti con complicità
la ranera: la grandine
ru muschille:  i moscerini
so chiappe d’impisi: sono poco di buono, come i corpi degli impiccati di cui, guardati dal basso, si vedono le chiappe che si protendono dal collo stretto dal cappio (ru chiapp)
la coccia: la testa
ferziata: variegata (da cui i cognomi: ferzen, ferzetti, etc.)
gl’andriti: le noccioline avellane??
‘mbicca e mbroglia e ‘ngiammare la serpa: s'ingegna ed imbroglia ed incanta la serpe
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1963. Teresa con la figlia sotto a ru suppuort di Zì Michele Liorda
Si notino i vari attrezzi da cucina in rame appesi al muro della loggia

Il Molise, situato tra l'Abruzzo e il Tavoliere delle Puglie, si trovava al centro di una capillare rete di tratturi che, con i tratturelli e i bracci, formavano un percorso di circa 3.000 chilometri di lunghezza; di questi, ben 454 solo nel Molise. Queste grandi arterie erbose utilizzate per il trasferimento delle greggi e delle mandrie dai pascoli della pianura a quelli di montagna, avevano una larghezza di 111,60 metri, ampiezza standard che permetteva alle greggi di pascolare e spostarsi.

foto di gruppo da inviare al figlio maggiore emigrante in Australia

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Tutt’ pezz’e crepe
Scennechea: muove le ali
Arruncichito: raggomitolato in un angolo
Incoppa agl’uocchi e ri magliuoli: sulle gemme e sui germogli
Scennechea: muove le ali
Ciammaruca: chiocciola
Tuzzureano: picchiano
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Importante fu il ruolo di Isernia nel corso della Guerra Sociale dei popoli italici contro Roma. Durante l'inverno dell'88-89  a.C., Aesernia fu nominata capitale della Lega Italica che qui ricostituì la propria organizzazione militare, nominando Poppedio Silone comandante in capo e insieme a lui quattro altri generali. La scelta di Aesernia non fu a caso: era un crocevia di strade. 1. Quella per Venafrum e gli oliveti della vallata del Liri e poi le miniere di ferro delle montagne della Meta; 2. quella per Aufidena e la vallata del Sangro; 3. quella per Bovianum, il paese dei
Pentri. Il comandante in capo delle truppe romane, Cornelio Silla, ebbe in tal odio la resistenza dei guerrieri sanniti che -terminata la Guerra- avrebbe voluto farne genocidio. Se rinunciò alla vendetta diretta si prese però comunque il gusto di deportarne un bel pò della popolazione in Lunigiana, presso Luni, in Lucchesia.
In un certo senso, enfatizzando tutta questa storia eroica potremmo definire Isernia con l'appellativo di prima capitale d'Italia, o almeno di prima capitale degli Italici.

Dopo la guerra sociale (I sec. a. C.), quando il territorio, con la lex Iulia, era ormai entrato nell'ambito dello Stato Romano, furono istituiti i Municipi. Per il municipio Saepinum, la sua storia e' strettamente connessa alla transumanza ed al tratturo su cui era sorto, anzi all'incrocio dei tratturi, quello Pescasseroli - Candela (Nord - Sud) e Adriatico - Matese (Est - Ovest). Anche il nome della città -Sepino- e' legato alla transumanza, infatti deriverebbe dal termine saepio (recingo), quindi luogo recinto da palizzate per le greggi.

Per chi votassero nei loro antichi parlamenti sannitici -i molisani- non si sa, quelli dei nostri giorni fine anni settanta invece lo manifestano all'imbocco di un tunnel... dove porterà?
La genesi del nome Molise. Il Galanti fa derivare il nome dalla famiglia normanna dei Molisio, o Moloise. Si parla di questa terra anche nel Liber Pontificalis dei papi, in quanto tra il 527 e il 530 fu eletto al soglio pontificio Felice IV di cui si dice fosse della natione Samnium. Quindi il numero di papi espresso dal nostro territorio e' almeno due, Celestino V e Felice IV.

Molte delle rappresentazioni sacre e profane ancora vive nella nostra Regione risalgono a tempi remoti e sono legate a riti europei o orientali. Istituiti da Tullo Ostilio, i Satumali, prendevano il via il 17 dicembre e festeggiavano la conclusione del ciclo lavorativo nei campi. Durante il loro svolgimento, veniva sospeso ogni lavoro e si instaurava una fittizia parità fra le varie classi sociali tanto che agli schiavi era concessa la libertà di inveire contro i padroni.

Vi sono poi riti che rientrano nell'ambito della magia di "espulsione"; con essi l'uomo cerca di eliminare, attraverso il fuoco o la forca, fantocci di paglia e di panno chè rappresentano quasi sempre il carnevale, la quaresima, o l'anno vecchio, ritenuti i responsabili di tutti i mali del mondo.
Legata alle Carresi è la festa di San Pardo a Larino; la tradizione, che risale all'842, ricorda il trasporto delle reliquie di San Pardo da Lucera al capoluogo frentano. La festa dura tre giorni e prevede, oltre ad altri rituali, una lunga processione di carri trainati da buoi, e splendidamente adornati di fiori di carta colorata.

Qui siamo sul tratturo, nei pressi di Carovilli, toponimo di origine romana, dal console Carvilio, uno di coloro che piegarono il Sannio a colonia.
Le Forche Caudine
Da Telesia mosse Ponzio Telesino per dar battaglia ai romani nei pressi di Caudio, dove i Romani furono sconfitti nel 321 a. dai Sanniti a. C. ed umiliati sotto il giogo delle Forche Caudine. La serie di guerre che li contrapposero tra il 343 e il 290 a.C. finì con la vittoria di Roma. Ma quanto resto' della popolazione Sannita tentò, senza successo, di attaccare Roma fino all'82 a.C.

Vediamo uno scorcio di Miranda, vicino Isernia.
Dopo anni di combattimenti, Roma riuscì a riprendere il controllo sulle popolazioni italiche e nel 263 Isernia fu trasformata in colonia romana, il che significò l'arrivo in città di coloni provenienti da Tusculum, Lanuvium, Aricia, Pedum, Nomentanum e forse Lavinium,con l'evidente compito di controllare le popolazioni locali e di garantire un facile sfruttamento delle miniere presenti sui monti della Meta.
Ciononostante, secondo gli storici Livio e Velleio ad Isernia restò una certa autonomia attestata dalla possibilità comunque di coniare moneta ed infatti numerose e di diversi tipi sono state ritrovate: alcune rappresentanti Vulcano e Giove, altre Pallade e nel verso l'aquila che combatte contro il serpente ed altre che riportano da un lato la testa di Apollo e dall'altro il toro coronato dalla vittoria ( quest'ultimo copiato dalla vicina Campania).

Costei è una tenera vecchietta di Miranda, di origine schietta, indigena.

I Longobardi non riuscirono ad arginare le invasioni saracene nel IX secolo, nè ad allontanare la pressione dei Normanni che, intorno al 1042, con Rainulfo Drengot penetrarono nel Sannio e in pochi anni lo conquistarono.
Nella prima metà dell' XI secolo, il normanno Rodolfo de Molisio fondò la contea di Boiano che comprendeva all incirca l'attuale territorio regionale. Ma poi con Enrico VI, figlio del Barbarossa, arrivarono gruppi di mercenari che crearono anarchia e disordine per circa 20 anni fino a quando, nel 1220, fu incoronato imperatore Federico II, il quale pur di riuscire a domare i suoi nemici, ordinò che fossero abbattute tutte le fortificazioni e molti castelli. Dopo la sua morte, nel 1250, Corrado IV prima, e Manfredi poi, continuarono la lotta contro i feudatari fino all'arrivo degli Angioini, sotto i quali il Molise ebbe vita dura e difficile.

scorcio di Miranda, paese di origine medievale, vicino Isernia
La sconfitta e la fuga di Renato d'Angiò nel 1442 portò il Contado del Molise sotto il dominio di Alfonso, re di Aragona e di Sicilia. E' il periodo in cui arrivarono in Molise, a ondate successive, profughi albanesi che si stabilirono sul nostro territorio; nelle zone più vicine al mare nacquero Ururi, Campomarino, Portocannone, Montecilfone. Negli stessi anni, spinte dall'avanzata turca, numerose famiglie in fuga dalla Dalmazia e dall' Erzegovina sbarcarono sulle nostre coste e si stanziarono nell'entroterra di Termoli.
I piccoli centri di Acquaviva Collecroce, San Felice e Montemitro sorti dagli insediamenti slavi conservano gelosamente ancora oggi usi, tradizioni e lingua di origine.

merletti, un'arte nobile a Miranda

carcere, a Carovilli

Fragnete. Pascale Manimuzzo, fra cugini e nipoti, provoca il fotografo tirandosi giù le brache

il castello dei duchi D'Alessandro, a Pescolanciano

di nuovo scorcio di Miranda, il paese dove è nato il mio amico canadese Lucio Tortola

di chi è il volto di quest'uomo di Miranda, qualcuno me lo sappia dire!
Agnone vengono fuse a carbone campane esportate in tutto il mondo. La città è famosa anche per le lavorazione del rame e del ferro battuto, attività presenti fin dall'epoca sannita.

Miranda, che bel nome per un paese!

Giovanni Succi abbraccia la moglie zì Raziella, in presenza della nuora

Miranda, mirando un bidone, per strada

Il fontanile comunale a Frosolone, provincia di Isernia

una croce... sul tratturo

contadino di Miranda

la finestra del carcere di Carovilli, chiuso. Ora qui vi vive solitario un ex assassino di nome Staffiero, senza casa dopo aver scontato la sua pena

sguardi a Miranda

Uno dei due ragazzini dietro Don Vincenzo, il prete, è Lucio Tortola, a nove anni poco prima di partire con la sua famiglia, definitivamente per il Canada... da dove apputo mi ha inviato questo ritaglio.

Miranda non è una donna, è un paese

Fragnete, inverno

Miranda, scorcio. In primo piano il tronco di un albero di ailante

il nome di quel paese lassù... non ricordo

Carovilli

zio Pietro, primo fratello di mio padre

lontano, il paese incollato alla montagna è Pesche, la casa in lontananza a sinistra è di mio cugino Domenico, figlio di mio zio Vincenzo, tornato definitivamente dall'Argentina per invecchiare e morire in Italia
 
 
Zia Letizia, vicino agli 80 anni, donna intensa e di carattere, che io ho amato tanto