Premio Maddalena Armenti
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Gilda Sassi, dopo aver insegnato "Lettere", nella Scuola Media per 15
anni, dal 1989 è Preside di Scuola Media, attualmente in servizio
presso l'IRRSAE Piemonte di Torino. Qui si è occupata, nel 1998,
di Progetti Europei: SEMPER e DEURE, dal 1999 del Progetto IRIDE, un software
didattico per la gestione delle Biblioteche scolastiche.
Nel 1998 ha vinto il Premio Nazionale di Saggistica: "Mons. Raffaello
delle Nocche", indetto dal Comune di Tricarico (MT), con il saggio: "La
Chiesa del Mezzogiorno, nella Storia del XX secolo, attraverso l'opera
pastorale dell'Episcopato".
Ha scritto numerosi saggi, tra cui: "Ragazzi difficili...quasi una
scommessa"; "Le rivolte dei contadini del '48 in Basilicata"; "Saggio su
dialetti e analfabetismo attraverso la ricerca", inviato al Concorso: "Maddalena
Armenti".
PREFAZIONE
Il saggio vuole essere un omaggio a "Maddalena Armenti",
affinchè riviva negli scritti di quanti hanno sentito parlare delle
sue qualità, della sua vita, ma anche della sua sofferenza e della
sua forza d'animo.
Attraverso l'approfondimento di una particolare tematica,
molto attuale nelle discussioni degli studiosi di lingua, il saggio vuole
diffondere l'amore per ciò che di "antico" è in ciascuno
di noi, far assaporare le "vecchie cose" anche attraverso il ricordo di
persone care ad amici comuni.
Un deferente omaggio, dunque, per chi si è dedicata
con amore alla famiglia, ha operato in silenzio per gli altri fino a morire...in
silenzio, con lo stesso amore con cui è vissuta, lasciando non un
vuoto, ma un'impronta indelebile, un esempio per tutti.
INTRODUZIONE
Dinanzi alla necessità di far fronte alla continua richiesta
di plurilinguismo, in una società dove la cultura monolinguistica
presenta limiti assai evidenti e difficilmente accettabili, ho pensato
di articolare il saggio in capitoli conseguenziali, partendo dall'analisi
del presente per riandare con la memoria a rivisitare i periodi letterari
in cui è stata posta sul tappeto la "questione della lingua", dal
Dolce stinovo al Bembo, al petrarchismo, all'Accademia della Crusca, al
Foscolo, al Manzoni fino ai giorni nostri.
Ho cercato di individuare i punti nodali di ciascuna teoria e
di verificare insieme la dicotomia lingua scritta-lingua parlata, sempre
presente nella cultura della società italiana. Il saggio si
propone di contribuire a diffondere nelle scuole (o all'interno di altre
strutture interessate ai processi di formazione) una cultura poliglotta,
che sostenga i processi di unificazione e concorra a stabilire condizioni
favorevoli per una prospettiva di riscoperta del territorio, che eviti
ogni nazionalismo e rivaluti il dialetto nella sua configurazione locale
di tradizione e ricchezza culturale.
Tutta la trattazione riflette, pertanto, le posizioni più
attuali raggiunte da linguisti, dialettologi e studiosi, esperti sulla
riscoperta dei dialetti nel territorio. In particolare intende evidenziare
i risvolti didattici per una adeguata cultura poliglotta o plurilingue
del territorio, con attenzione anche a posizioni filosofiche comunque teoriche
sulla comunicazione, a testimonianze di ragazzi della Scuola Media e
di un insegnante per avviare alla pragmatica della cultura plurilingue
locale, nella strategia della continuità/orientamento.
Intende, inoltre, insegnare a spendere didatticamente e pedagogicamente
le istanze di orientamento diacronico/formativo della riscoperta del dialetto
per favorire nel ragazzo la presa di coscienza di un futuro, sia personale
che sociale, che implica altresì una progettazione della vita nella
prospettiva di un recupero delle tradizioni del territorio.
Intende, infine, sollecitare l'applicazione di interventi didattici
incentivando lo studio delle componenti dialettali locali e conoscere le
istanze di rinnovamento, che inducono a possibilità di scelta nel
sistema della comunicazione, in funzione di una realistica immagine della
società in cui si vive.
In altri termini l'obiettivo del saggio è riuscire a trasmettere
un sapere, libero da pregiudizi ingiustificati ed atto a sviluppare una
conoscenza analitica e, quindi, una capacità di scelta, che liberi
la cultura dalle "parole" per approdare a quella dei "fatti".
"Non m'interessa sapere cos'è la bontà - proclamava Aristotele
- mi interessa che siamo buoni".
I valori, difatti, non sono categorie antiche: è valore
ciò che vale e la vita dell'analfabeta merita di assurgere a fine
dell'azione.
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